Ambientato a Palermo, nel quartiere di Borgo Vecchio a ridosso della zona elegante della città, il romanzo narra la storia della famiglia Montana che diventa emblema di una subcultura ,in cui mancanza di lavoro, ignoranza, violenza, assenza dello Stato si mescolano dando vita ad modus operandi che , da tempo atavico caratterizza la nostra terra.
E’ una storia forte, come forti sono gli odori, i sapori, i colori , le passioni della Sicilia e dei siciliani. Il libro mette in evidenza una profonda conoscenza dell’autore di questa triste realtà espressa con un linguaggio non verbale fatto di ammiccamenti, silenzi, metafore ; malgrado ciò la vicenda scorre fluidamente consentendo al lettore una full immertion in un microcosmo variegato che non si disgrega neppure a seguito del trasferimento di Enzo, il protagonista, in Spagna. La voglia di recidere le radici e di dimenticare cosa si è e cosa si è fatto è , infatti, impossibile. Così il passato ritorna a far deflagrare quella che sembrava una famigliola felice. Il problema è che l’autore, messo alle strette, non è capace di andare fino in fondo e concludere in linea a quanto prima descritto, così il finale buonista , se da un lato lascia spazio ad un flebile speranza di redenzione , dall’altra delude perché sembra non vero. Interessante, anche se, francamente di queste storie ne ho fin sopra i capelli. Mi piacerebbe tanto leggere di un’altra Sicila , di altri siciliani, ma …è un’utopia!