Più che una recensione questa è una sintesi di ciò che di più interessante ho trovato nel libro la cui lettura è molto impegnativa per i continui riferimenti filosofici
Nel libro “ Il bisogno di pensare” Vito Mancuso attraverso una minuziosa, documentatissima , puntuale disanima che spazia dagli antichi filosofi e pensatori ai moderni, affronta un tema caro all' uomo ed antico quanto il mondo. Che senso dare alla vita? Al nostro essere qui?
Partendo da un' affermazione di Norberto Bobbio che scrive: “ciò che fa la differenza non è essere credenti o no bensì tra essere pensanti o no”, l’autore inizia con l'operare una distinzione tra bisogno e necessità di pensare. Afferma infatti che la necessità parte da una realtà esterna al soggetto ed è qualcosa di meccanico, il bisogno da un' urgenza interiore che fa sì che, malgrado tra sogno e bisogno non ci sia alcuna relazione etimologica ma solo assonantica, il sogno- bisogno rimandi all' utopia e quindi al desiderio. Ora su questo argomento sono stati spesi fiumi di parole dagli addetti ai lavori e non solo ( basti pensare a Leopardi o Gaugain) , ma tutte le chiacchiere si possono ridurre a due teorie. O non si desidera, giungendo all' atarassia, allo spegnimento di ogni passione e si vive nell' eterno presente felice o si desidera freneticamente e si costruisce il futuro guadagnandosi però l infelicità perché il desiderio incessante genera infelicità poiché non si riesce a soddisfare. Allora che fare?? L’autore propone una terza via e cioè non estinguere il desiderio che è contro natura poiché proviene dall’istinto di sopravvivenza, ma lo si orienterà , purificandolo in modo da farlo diventare IL DESIDERIO come stella polare della vita. E’ dal desiderare che nascono le cose più belle, l’arte, la musica, la bellezza, anche se questa continua ricerca, passione porta sì sofferenza ma anche energia. Per orientare il desiderio è opportuno quindi innalzarlo trasformandolo in aspirazione perché anche le parole sono importanti, aspirazione infatti è una parola che rimanda a spirito , a qualcosa che trascende dal sé. E’ quindi il desiderio la fonte del pensiero che si avvale di sensazioni (che sono oggettive e rilevabili) di percezioni( che sono soggettive e che costituiscono uno stadio più avanzato del pensare perché implicano una rielaborazione personale che non è detto corrisponda sempre a realtà) e concezioni (che sono i concetti intesi come concepimento) .
Ma come pensare?
E’solo esercitando la ragione con estrema determinazione che dalla stessa può sorgere un barlume di luce. Se ci si ferma al suo immediato utilizzo predomina il pessimismo e ciò è paradossale perché tradizionalmente la ragione è associata alla luce , oggi però più che mai il lavoro svolto dalla ragione nell’ambito del pensiero ha più l’effetto di oscurare che di illuminare. Se si dovesse seguire solo ed esclusivamente la ragione tutti i valori, bellezza, giustizia, verità sarebbero pura convenzione poiché la ragione aspira ad argomenti universali ed oggettivi pertanto ne rimarrebbe delusa vista l’inattuabilità degli stessi-Se poi ci soffermiamo a pensare che noi, le persone che amiamo, il sole e l’umanità sono destinati a scomparire ad es. sorgerebbero spontanei degli interrogativi : Che senso ha la vita? L’essere ,se poi c’è il non essere? Se ci liberassimo dei sogni ,prodotti dalla sfera dell’irrazionalità rimarrebbe solo delusione il senso della vanità della vita, la disperazione, la noia. Ma per Platone e Aristotele l’origine del pensiero filosofico è la meraviglia-anzi la meraviglia è il culmine del pensiero secondo Goethe. Ma quale meraviglia? Quella superficiale che ci prende di fronte ad un bello spettacolo o quella amara e dolorosa che scaturisce da un trauma inatteso? E pertanto più Traumatica è la ferita ( l’autore fa notare l’assonanza tra le parole greche thrauma e thauma ( meraviglia) più si mette in moto il pensiero . Di fronte all’ingiustizia della vita, il trauma , la ferita è come una finestra che consente di vedere fuori dal sé. È lo stupore, lo stato d’animo di chi si trova davanti ad una manifestazione che sorpassa la sua capacità di comprensione. L’autore paragona la ragione di ognuno ad una bilancia, ognuno ha una propria tesi sulla vita che costituisce un peso che fa pendere la bilancia dal suo lato, ma quando si dialoga non per affermare la propria tesi ma per capire ciò che si afferma dall’altro lato, la ragione entra in stallo ,in equilibrio , è questo il risultato a cui conduce il lavoro più compiuto della ragione che così esercitata ,equa, ci consegna al dubbio, all’indecisione, alla tesi , all’ antitesi e alle argomentazioni a favore dell’una o dell’altra. La ragione produce quindi ragionamenti mediante i quali offrire ragioni, argomentazioni che rendono motivata un’affermazione o un’azione. Ogni espressione che faccia a meno dei ragionamenti della ragione è inadeguata alla vera natura umana che trova compimento nell’assunzione di responsabilità. E’ solo dalla capacità di dialogo che scaturisce la capacità di convivenza e la pace; lo esprime perfettamente Goya nell’incisione “Il sonno della ragione genera mostri”. Riprendendo l’affermazione di Kant “ i pensieri senza contenuti sono vuoti , le intuizioni senza concetti sono cieche” , l’Autore afferma che l’esercizio della ragione per affermare o negare l’esistenza di Dio hanno prodotto massacri inquisizioni, sofferenze, ma un esercizio rigoroso della ragione fa comprendere che il senso della nostra esistenza non può essere esibito dalla ragione che razionalmente ci fa capire di essere immersi nel mistero, il mistero è prodotto dall’impossibilità di dimostrare con dati certi che è giusta l’una o l’altra tesi. In sintesi l’esercizio della ragione ci fa capire l’impossibilità di una spiegazione razionale.
Per cui cosa ci fa decidere a favore di una tesi è il sentimento. Se prevale la negatività avremo un orientamento negativo del pensiero, se prevarrà il sentimento di fiducia verso la vita prevarrà l’orientamento positivo a favore di un senso più ampio dell’esistenza. La ragione utilmente esercitata riconosce che ci sono un’infinità di cose che la superano, infinità che si possono riassumere nella parola vita. E’ la ragione che deve mettersi al servizio della vita la cui voce si manifesta nell’istinto di sopravvivenza che è parte integrante della vita.
Oggi purtroppo sono venute meno all’uomo tutte le certezze su cui aveva incentrato la propria vita ( religiose, morali, estetiche, politiche , astronomiche e a seguire, insomma tutto quello su cui la nostra identità è stata costruita è finito miseramente. E allora l’unico baricentro dobbiamo cercarlo in noi, nella nostra interiorità alimentando il pathos ( la passione , il desiderio) e incanalandolo verso un’unica passione dominante Montaigne scrive : “ l’anima che non ha uno scopo stabilito si perde, essere dappertutto è non essere da nessuna parte. Noi dobbiamo sopra—vivere (vivere sopra il caos che ci circonda e che è anche dentro di noi )
Molto interessanti , a tal proposito sono le spiegazioni sul significato etimologico delle parole a cominciare dalla radice st che significa stallo universo ( volto all’unicità) pathos, sapere ( inteso come sapore). Davvero significativo e di grande attualità e spendibilità il passo in cui Mancuso dà una sua spiegazione al senso della vita :
“La via per non perdere la propria anima allora consiste nel vincere se stessi, ma posso farlo solo se c’è in me l’idea di qualcosa più grande di me : Ciò mi darà la forza per combattere la battaglia interiore di me contro me perciò se io sono più di io perché in me c’è una dimensione che mi supera e mi consente di vedermi dal di fuori e così di vincermi, di riformarmi, se seguirò questo “ ritmo più profondo” sarò libero da me stesso e avrò realizzato me stesso, se cederò alle mie paure, alla mia pigrizia rimarrò prigioniero di me stesso , verrò meno alla missione fondamentale del mio essere dotato di pensiero e di responsabilità”.
Si crede in Dio perché non ci si rassegna al nulla , al non senso perché si vuole far confluire la propria vita in un ritmo più profondo, in una sintassi ; come la definisce l’Autore, perché è la sintassi che dà senso ad ogni singolo elemento grammaticale inserendolo in un insieme più grande. La vita acquista senso nella relazione stabilita con gli altri elementi. L’essere è energia che man mano che si sale nell’organizzazione della materia vivente procede verso la spiritualizzazione e la personalizzazione fino all’unicità e irrepetibilità della singola anima spirituale. E’ quindi ipotizzabile che dalla morte di un essere umano, giunto al livello dello spirit,o possa scaturire un passaggio ad un livello dell’essere come energia pura senza nessuna traduzione nella forma corporea.
L’autore inoltre, riflettendo sul fatto che talvolta vorremmo quasi staccare la spina della mente ,giunge alla conclusione che, essendo impossibile farlo, bisogna distinguere il pensiero avvelenato dal pensiero costruttivo. Il pensiero avvelenato può essere distinto in : Pensiero rumore, predatore, ideologico e di intrattenimento.
Il pensiero rumore è il continuo rimuginare , sarebbe meglio più che pensiero definirlo pensieri, sono i fastidi che possono anche trasformarsi in ossessione , assediano la mente facendoci perdere il contatto con la realtà.
Il pensiero predatore è quella volontà di guadagnare, possedere, conquistare e dominare . è quel pensiero che oggi è divenuto dominante , è il prevalere dello spirito mercantile e del capitalismo, è il pensiero al servizio del guadagno, insomma il trionfo dell’utilitarismo.
Il pensiero ideologia è l’adesione acritica ad una dottrina economica politica, religiosa, ritenuta più importante dell’esperienza ciò però crea dipendenza dal pensiero altrui, è prigionia per la mente e si ritrova in coloro che ad es. vivono un’esperienza di fede in modo integralista o fondamentalista.
Il pensiero intrattenimento deriva non solo dallo stare davanti alla TV ma anche dal leggere molti libri e giornali . E’ ovvio che la lettura rappresenta una delle forme più potenti della liberazione della mente ( viene sottolineata l’assonanza tra liber e libertà) ma leggere molto può creare schiavitù poiché genera una vera e propria dipendenza dal pensiero altrui. Coloro che hanno sempre in mano un libro finiscono per manifestare una cultura libresca , non leggono per vivere ma vivono per leggere la vita altrui non la propria. Per lo sviluppo di un pensiero autonomo nulla è più dannoso di un eccessivo afflusso di pensieri altrui” Leggere è importante, ma di più ri-leggere e riflettere su quanto si è letto e riletto per elaborare un pensiero consapevole. Per arrivare alla consapevolezza è però indispensabile il silenzio come modalità per entrare in relazione con sé. Bisogna fare una distinzione tra pensiero e pensieri. I pensieri sono i fastidi quotidiani, le preoccupazioni che ci affliggono, il pensiero unificante è indica quella profondità di visione e di giudizio che è riuscito a superare la propria personale e ristretta visuale per attingere all’ampiezza dell’universale. Il silenzio ci consente di oggettivarci, di rifletterci in uno specchio. Nel silenzio il pensiero raggiunge una sua forma più alta che vuole solo vedere, è la contemplazione o visione beatifica, non è indifferenza anzi la solidarietà è estesa a tutti i viventi.
Tale condizione di estasi può capitare di provarla quando accade di uscire da sé e di dimorare in alto rispetto ad una realtà molto più grande di sé. Quando ci si sente coincidere con la logica che muove il tutto, con la vita nel suo insieme, si sperimenta una profonda unificazione fino al desiderio di risiedere totalmente in essa scomparendo come singolarità.
Il pensiero che si fa vita.
Ognuno di noi diventa persona solo nella misura in cui riesce a controllare gli impulsi interni e gli avvenimenti esterni dando coerenza alla sua esistenza. Chi consente tale coordinazione è il pensiero, quella disposizione detta coscienza.
Mancuso parte dall’analisi della parola pensiero per spiegare cosa è il pensiero, facendo riferimento alla parola latina “Pendere” . e al p.p. Pensum ( che significa pesare con i suoi sinonimi soppesare , ponderare) , la mente viene paragonata ad una bilancia che pesa due entità comparandole, da un lato ci sono i pesi predefiniti, dall’altro l’oggetto da pesare. La mente istituisce una relazione tra il suo patrimonio e la nuova informazione, la mente è quindi in grado di pensare solo partendo dalla propria esperienza, ( questa affermazione mi rimanda alla tecniche di apprendimento che partono tutte dalle conoscenze personali del soggetto e dalla sua esperienza) ma c’è anche da valutare come origine della parola : cum-agitare, schekerare con forza un dato ed un altro, insomma è dall’agitazione che nasce il caos ,il conflitto ma solo così si potrà avere qualcosa di nuovo.
L’esercizio del pensiero consiste anche nello stabilire volta per volta come agire cioè se resistere, facendo prevalere sulla realtà i nostri principi etici oppure arrendersi facendo così prevalere sui principi etici la concretezza della realtà. Bisogna capire se occorre resistere o arrendersi, questo significa pensare.
La grande vibrazione:
Analizzando la radice delle parole Veritas, Verde, Verbum l’autore riflette sul fatto che hanno la medesima radice di VER (pimavera ) La stessa radice si trova in tedesco e in sascrito dove però significa pioggia, cioè luce del mondo ,Ver rappresenta la pioggia spirituale .Ora la vibrazione assonantica cui rimandono le prime consonanti della radice richiama la vibrazione generata dall’energia originaria dell’essere , è quell’energia governata da una logica armoniosa. Inoltre riflettendo sull’incipit del Quarto Vangelo “ In principio era il Logos” Verbum in latino l’autore fa notare come il significato di parola non sia il più appropriato bensì “ mettere insieme “ come segnalato dal Rocci, quindi non “ In principio era la parola ,ma “ in principio la relazione , legando il principio alla dinamica che raccoglie , crea un sistema , la forma che esprime la logica con cui lavora l’essere-energia. Io sono quindi anche organizzazione ed è ciò che fa di me un sistema unitario. Io vengo dal caos , sono caos ,ma non solo, sono organizzazione perché in me l’armonia vince il caos. Il compito della vita umana è far sì che la vittoria ottenuta a livello fisico si riproduca anche a livello mentale. Bisogna pensare ad un mondo come armonia perché solo così lo si potrà pensare dotato di senso e di fine. Da qui la formula del mondo : Logos + Caos = Pathos . Il Logos genera sapienza, il Caos follia e la vita ha bisogno di entrambi per evolversi; tale continua, irrisolta dialettica ha come esito il Pathos , la passione che deve caratterizzare la vita umana.
Molto realistica l’analisi che Mancuso fa della situazione attuale , infatti afferma che nella prima metà dell’800 il primo precetto della legge naturale “ bisogna fare e cercare il bene “ era quasi pressocchè accettato e condiviso, poi tale fede nel primato del bene e dell’ordine cominciò a decadere , fu bollata come perbenismo , il risultato è che oggi non c’è nulla di più importante dell’io , di me. Oggi viviamo immersi in un totale nichilismo. Gli ideali in cui l’umanità conveniva : il bene, l’armonia, l’ordine sono ridotti al nulla e non si tratta purtroppo di un modus pensandi di pochi intellettuali è questo lo spirito delle masse. Ovviamente tale corrosione dell’etica rimanda ad una visione del mondo che non attribuisce alcun valore all’etica. Il risultato è una lacerazione tra ontologia ed etica, estetica, spiritualità che come prodotto dà il Nulla dominante. Ci troviamo, quindi di fronte ad una crisi che non è solo economica ma è una crisi di civiltà. Crisi giuridica e politica, una crisi che investe i fondamenti dello stesso stare insieme degli esseri umani non più in grado di creare società. Ora a creare legami è rimasta solo la forza del denaro. Tale primato della forza trova pieno sostegno nella visione darwiniana della natura e tali tenebre , ahimè, avvolgono soprattutto i giovani. E’ un’epoca che si pone al di là del bene e del male e quindi al di là della giustizia. Se ne deduce che è indispensabile rifondare una società che rivaluti l’atto del Pensare ed il Pensiero perché solo così si potrà, indipendentemente dal proprio credo religioso, salvare l’uomo.