Ancora una volta Singer non delude e con questo forte romanzo si conferma grande voce narrante del 900. Attraverso il racconto delle vicissitudini di Keyla , giovane prostituta ebrea, Singer dipinge un affresco drammatico delle condizioni degli ebrei prima nel ghetto di Varsavia e poi esuli a New York. L’aspetto più interessante è che l’autore mette in scena temi inusuali per la letteratura ebraica quali la prostituzione, l’immoralità, il bieco opportunismo , la messa in discussione della fede ebraica, insomma tutti i lati oscuri dell’ebraismo. Non c’è possibilità di salvezza, non c’è luce alla fine del tunnel, su tutto grava come un macigno l’ineluttabilità di un destino già segnato. Quattro i personaggi, tre uomini ciascuno dei quali sfrutta per un proprio sordido tornaconto Keyka; anche Bunem , il giovane aspirante rabbino con cui la protagonista emigra negli States, e che apparentemente sembra volerla aiutare a redimersi, è divorato da una passione torbida a tal punto da sfociare nella follia. Su tutto e tutti brilla Keyla con la sua folta chioma rossa che rincorre la salvezza e la redenzione. Per questi motivi lotta indomabile, non si arrende, cerca di trovare ,nel fango in cui viene trascinata, un barlume di speranza, ma tutto è già deciso da un Dio misterioso, implacabile e distante dalle miserie umane. Bellissime le descrizioni di una New York desolata e desolante, ostile agli immigrati , incomprensibile al punto da far loro rimpiangere il ghetto, potente rappresentazione dell’impossibilità per gli ebrei a trovare una qualsivoglia collocazione nel mondo.