Bel romanzo di Balzano, autore che non conoscevo e che ho apprezzato tanto. Scritto quasi per caso dopo che l’autore , durante una gita estiva si è trovato davanti un campanile che emergeva dalle acque di un lago, è la storia di un paesino di confine della Val Venosta, passato sotto il dominio italiano, prima, poi austriaco e poi nuovamente all’Italia fascista e che , a seguito di una scellerata politica di non rispetto dell’ambiente, subisce la costruzione di una centrale idroelettrica. Inutili le proteste degli abitanti, i cortei, le ribellioni, tutto si compie inesorabilmente sommergendo una civiltà contadina e pastorale di secoli, prati, bestie, case, sogni, abitudini, tradizioni. La forza delle acque sembra quasi sradicare con ferocia inaudita quel mondo idilliaco, semplice, ricostruito mirabilmente dall’autore attraverso il racconto di Trina, giovane ragazza prima, poi donna segnata dai dolori della vita: la perdita della figlia rapita dai cognati seguaci dell’ideologia nazista, l’arruolamento del figlio tra le fila dei tedeschi, la fuga sulle montagne con il marito che non ne può più di veder stuprata la sua terra. L’aspetto più interessante è che la storia di questa famiglia contadina diventa strumento per inserire nel romanzo la Storia di un paese deprivato della sua identità, il tutto narrato con una prosa asciutta, essenziale, priva di orpelli e di inutili sentimentalismi, dura e forte come duro e forte il carattere dei protagonisti; il tono sommesso, quasi sussurrato di Trina che racconta, anche attraverso delle lettere alla figlia scomparsa, il dolore suo e dei compaesani colpisce profondamente e fa di questo libro un piccolo cammeo che lascia dentro tanta malinconia per un mondo sommerso che non c’è più.