E TU SPLENDI (26/04/2018) - a cura della prof.ssa Anna Cosenza Toscano


Autore: Giuseppe Catozzella

Genere: narrativa italiana

Valutazione:

 

 

“Proprio come dici tu Pietro. …Proprio così…Qui al Sud non cambierà mai niente …La giustizia non appartiene a questa terra !”

Ambientato ad Arigliana, un paesino  della Lucania, è la storia di Pietro ragazzino del  Sud emigrato a Milano  che ,rientrato in paese a casa dei nonni per le vacanze estive, si ritrova a vivere in una storia più grande di lui a causa dell’arrivo di una famiglia di immigrati. Pietro ama Arigliana, i suoi ritmi immutabili, il sole e gli odori della sua terra , una terra di sventura e povertà da cui tutti fuggono ,ma che tutti agognano , una terra segnata dalla prepotenza di Zì Rocco che con la violenza si è appropriato delle terre del nonno di Pietro e di tutti coloro che volevano opporglisi;  è un bambino orfano di madre,  la cui morte è da lui rinnegata e trasfigurata in un trasloco in un'altra casa, ma che ha da lei avuto una grande eredità: la forza, il coraggio di guardare dritto avanti senza nascondersi , il senso della giustizia. “Ti insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece.” è il messaggio scrittogli dalla madre sul retro di una vecchia foto.

L’arrivo in paese degli stranieri suscitano la paura e la rabbia dei paesani timorosi di assistere all’arrivo di frotte di profughi pronti ad appropriarsi di quel poco  lavoro che c’è ad  Arigliana ed è , pertanto, su loro che i paesani riversano tutte le colpe possibili dimenticando completamente che anche loro erano stati emarginati perché emigrati. Paradossalmente però è dagli stranieri ,sfruttati come bestie da Zì Rocco ,che viene l’idea del cambiamento, un cambiamento che fa rifiorire le coscienza e le speranze, che innesca nuove energie ….peccato  che ancora una volta “ Cristo NON si fermi ad Eboli”

Un romanzo di verghiana memoria che ben si innesca nel filone della letteratura meridionalista, delicato ma forte al contempo anche perché narrato in prima persona da Pietro con il suo linguaggio da adolescente che parla un italiano ancora grossolano frammisto al dialetto .Allegria, tenerezza, dolori, risate e pianti si mescolano riproducendo perfettamente lo stato d’animo di Pietro e dei ragazzini che lo attorniano, delicatissima e commovente la metafora del dolore per la perdita della madre che assume la forma di Canetto che morde e lacera le carni di Pietro. Un romanzo che ,nel buio pesto del palazzo della Menzasignor lascia intravedere un lumino acceso non più presagio di morte quanto di speranza sia pur  troppo flebile …