“ Tutta la mia opera si pone l’obiettivo di mostrare la nostra colpa” è quanto dichiarò Kempowski in un’intervista e il romanzo si propone in effetti di rappresentare in modo impersonale “ la colpa morale” dei tedeschi che precipitarono l’Europa nel vortice della guerra, incapaci di opporre resistenza all’autorità statale. E’ vero che si dovrebbe, a proposito dell’accettazione assoluta dei tedeschi, aprire un discorso sull’influenza che il pensiero manipolato di Hobbes ebbe sulla formazione dell’ideologia tedesca e per risalire ancora più indietro nel tempo al Re Sergente che militarizzò la Prussia , ma è anche vero che l’opposizione al Nazismo fu molto, troppo tiepida.
Ambientato in una residenza nobiliare nell’alta Prussia , il romanzo mette in scena il tragico epilogo della seconda guerra mondiale, l’invasione russa della Germania, la fuga in massa della popolazione tedesca attonita, incapace di comprendere ed accettare la sconfitta, il bisogno inderogabile da parte dei cosiddetti quadri , nel mezzo dello sfacelo, di salvaguardare una ipocrita parvenza di funzionalità dell’apparato burocratico quasi a voler negare l’evidenza del disastro. Tanti personaggi si avvicendano nella villa dei Von Globig “ospiti” sistemati temporaneamente nella residenza e tanti sono i loro punti di vista così come le reazioni agli eventi che dapprima appaiono sullo sfondo, lontani, quasi irreali ma che via via diventano sempre più vicini, pressanti, presenti. Ciò fa sì che anche la voci narranti si sovrappongano, si mescolino nel drammatico clamore conclusivo che non concede salvezza a nessuno. Un racconto molto amaro , scabro, intenso e profondo che segna e che al di là delle colpe , mette in scena la tragedia e gli effetti della guerra da qualsiasi parte si stia. Molto bello il personaggio di Katharyna e la nota di Mario Rubino alla fine del libro.