Simenon torna, a riprova del suo interesse per le donne, a scandagliare in questo romanzo l’animo femminile dimostrando di essere capace di comprenderlo in tutte le sue sfumature. Silvie e Marie, amiche sin dall’infanzia, non possono essere più diverse. Cinica, astuta, determinata ad ottenere ciò che si prefigge ( riscattarsi dalla miseria) l’una , arrendevole, rassegnata ad un destino già scritto, sgraziata l’altra. Tali differenze non sono solo caratteriali, anche nell’aspetto le due donne sembrano l’una complementare all’altra , l’una brutta, l’altra bella, Marie quasi senza seno, strabica a seguito di un intervento sbagliato, mai considerata dagli uomini, Silvie con un seno grande , avvolgente che suscita gli appetiti maschili, desiderata. Ciò che le unisce è, però, uno strano rapporto di odio e amore; un rapporto malato che vede alla finele due legate indissolubilmente, l’una prigioniera dell’altra. Questo rapporto ambiguo Simenon l’aveva già trattato in un libro , per me straordinario “ Il Gatto” a proposito del rapporto che unisce indissolubilmente una coppia di anziani. Questa volta , però , lo sviluppa nell’ambito dell’amicizia tra due donne. Sinceramente in questo romanzo, pur apprezzando l’ormai nota capacità introspettiva di Simenon, non ritrovo quei tratti salienti dell’autore che me lo fanno prediligere; mancano quelle morbide ed avvolgenti atmosfere per cui è giustamente noto, forse perché è un libro crudo e spietato nell’analisi condotta da un uomo che ne resta molto distante o forse perché l’occhio strabico di Marie mette impietosamente in luce gli aspetti più biechi e rivoltanti del carattere dell’amica, fatto è che l’ho trovato quantomeno diverso dagli altri letti finora.
L’autore da molto spazio ai dialoghi serrati ed asciutti in cui le parole dette rimandano ,sottintendendo ad altro, all’apparenza tutto perfetto, ma , a mio parere molto tecnico .