Il romanzo racconta la storia della famiglia Tran nell’arco di un secolo. E sono le donne di casa a raccontare: una nonna ed una nipote. Due i piani temporali; il prima e il dopo si avvicendano senza trovare , però, un armonico incastro. Sullo sfondo la guerra del Vietnam, la divisione del paese, la guerra fratricida, gli orrori, le violenze, le ingiustizie patite da tutti e pagate da tutti ad altissimo prezzo ma soprattutto dalle donne. E sono proprio le donne a dimostrare di avere una forza eccezionale nel voler risorgere e andare avanti rimanendo fedeli ai valori della famiglia al di là delle ideologie. Dieu Lan ( la nonna) è costretta a lasciare il villaggio in cui è nata e cresciuta, a fuggire con i suoi cinque figli che poi abbandonerà per non essere riconosciuta dai ribelli e giustiziata, a svolgere i lavori più umili sorretta sempre dalla volontà spasmodica di ricostruire il suo nido fino a quando infine riuscirà a ritrovare il figlio maggiore cercato per quarant’anni. Tuttavia il libro non aggiunge nulla di nuovo a quanto già conosciuto. Soprattutto la guerra rimane sullo sfondo, troppo sullo sfondo. Sembra che l’autrice sia più interessata alle storie delle donne di casa che però rimangono anch’ esse in “ superficie” . Forse la sua formazione giornalistica pesa sulle modalità di sviluppo narrativo, molti personaggi sono appena abbozzati, forse la traduzione non sempre è fedele alle sue intenzioni scrittorie ( mi ha sorpreso l’uso di termini del nostro linguaggio gergale) ma nel complesso il libro mi è sembrato un poco “ sciapo” e poco significativo .Peccato.