Una piacevolissima sorpresa questo romanzo la cui autrice è di origine armena. Ed in piccolissimo villaggio armeno è , infatti, ambientato il romanzo, in un luogo che sembra quasi fuori dal tempo, abitato pressocché esclusivamente da gente anziana che non sente la fatica e non ha timore della morte, affaccendata com’è in una quotidianità amata e rassegnata. Anatolija ne è la protagonista, l’unica donna del paese a sapere leggere e scrivere tant’è che fa la bibliotecaria compito che svolge con molto zelo; intorno a lei ruotano tanti altri personaggi che ricoprono un ruolo altrettanto importante e determinante, tutti contraddistinti da quella forza , autenticità ,reciprocità dei vecchi di un tempo. Ma la vera forza di questo libro è che è una fiaba in cui realtà e fantasia si fondono mirabilmente, dove tutto può accadere persino i miracoli a ridare speranza. Leggendolo non si può non riandare con il pensiero allo straordinario realismo magico inaugurato da Marquez che qui ben risulta molto ben dosato. L’osmosi tra il mondo contadino, reale e quello che c’è oltre è continua; avviene attraverso oscuri presagi interpretati spesso da animali (ad esempio la presenza di un pavone bianco) , con la contaminazione tra riti religiosi e pagani , con la continua interazione tra uomo e natura che invia segnali apparentemente indecifrabili. Una vera goduria leggerlo! Il più bel libro assieme a “ Zuleika apre gli occhi” che finora abbia letto quest’anno.