In una Cina di  fine 800 dove si sparisce per uno sguardo o parola sussurrata Daiyu, rimasta senza genitori arrestati non si sa bene perché,  tenta di sopravvivere grazie al travestimento che la nonna le ha imposto. Indossando abiti maschili, riesce a svolgere qualche lavoretto tra cui le pulizie in una scuola di calligrafia. Ed è lì che scoprirà un’arte ed un mondo che la prenderà intimamente e che si porterà sempre dentro malgrado tutte le tragiche vicissitudini che sarà costretta ad affrontare. Rapita, portata in America, conoscerà sulla sua pelle cosa è il razzismo di un paese che si presenta come l’Eldorado ,ma nella sofferenza troverà sempre dentro di sé la capacità di immaginare, disegnare con il pensiero quegli ideogrammi che altro non sono che la trasposizione dei suoi sogni e che finiranno con il restituirle , sia pur pagando un prezzo altissimo, quella dignità e coerenza apparentemente perdute. Lettura gradevole ,ma si intuisce che l’autrice è ancora acerba per la scarsa capacità di introspezione psicologica e per una scrittura piatta.