Letto su suggerimento di un'impiegata della Feltrinelli, apprendo oggi che il romanzo della Manzon ha vinto il premio Campiello. Non conosco gli altri romanzi in concorso,ma nel complesso questo l'ho trovato gradevole. E' la storia di una donna fuggita dalla propria città ( Trieste) per recidere i legami con un passato doloroso e ingombrante , in realtà per sottrarsi ad una relazione tormentata con il padre , uomo sfuggente, misterioso e per questo affascinante che si divideva tra il qua ( Trieste) e il là ( la Jugoslavia di Tito) e ad una relazione tossica con Vili, figlio di due intellettuali incarcerati dal regime titino e affidato proprio al padre di Alma. Amore, Storia, e relazioni familiari ed amorose costituiscono quindi i binari narrativi del libro che corrono lungo il territorio della Storia intersecandosi e venendone anche indirizzati. Molto belle le ricreate atmosfere di una Trieste che ha conosciuto i fasti dell'Impero austroungarico e le descrizioni dei modi , delle abitudini di una borghesia mitteleuropea che si nutriva di cultura. Alma fugge da tutto ciò , troppe domande senza risposte ... chi è davvero suo padre? e Vili ?, che ruolo ha nel momento in cui la guerra irrompe mandando per aria quello stesso precario equilibrio trovato nel dopoguerra? dalla parte dei buoni o dei cattivi? Prima bisognerebbe sapere , però, chi lo sono davvero e cosa è davvero giusto. C'è una considerazione nel libro che mi ha fatto molto riflettere. Di fronte agli orrori delle guerre balcaniche , l'autrice scrive che talvolta alcuni orrori sono artatamente perpetrati per "giustificare" una guerra che agli occhi dei più appare così come cosa santa e giusta; e non importa se interi villaggi vengono sterminati, uomini, donne e bambini devono dare il loro contributo di sangue affinchè si affermino gruppi di potere interessati solo ai guadagni provenienti da una ricostruzione . Ma dal passato non si può fuggire. Alma ritorna a Trieste per ritirare l'eredità del padre e lì tutta la sua giovinezza, le sue abitudini, i luoghi , le attese riemergono con vividezza. Insomma un ritorno alle origini tra memoria personale e Storia. Ho apprezzato molto che il libro tratti di eventi storici mai conosciuti abbastanza e che l'autrice sia riuscita ad evocare con una fine scrittura le atmosfere nostalgiche di ciò che fu. Mi è anche piaciuta la scrittura non banale e garbata priva di toni esasperati o eccessivamente crudi così come ho apprezzato tanto, trovandola parte integrante e determinante del libro, quell'aura di malinconica tristezza che ogni cosa avvolge. Senza, a mio avviso, essere un capolavoro è comunque un buon libro.