Ambientato in Palestina , racconta la storia di un ragazzino palestinese che, proprio perché tale, vive un’infanzia difficilissima, privato, dall’odio tra i due popoli ,del sostegno del padre imprigionato, costretto ad andare a lavorare per una miseria, ridotto alla fame lui e tutta la famiglia, impedito nello studio, malgrado la sua naturale propensione per le scienze e soprattutto per la matematica. Il riscatto alla fine arriverà , ma a costi altissimi. Sicuramente il romanzo aiuta a conoscere la triste realtà del popolo palestinese costretto a subire , quasi per una specie di rivalsa quello che gli ebrei furono costretti a sopportare nei campi di concentramento; l’atmosfera è la stessa , o meglio chi scrive vuole istituire un parallelismo però, improponibile. La storia per come è narrata,risulta troppo retorica e rimane “ in superficie”. L’autrice ,infatti pur facendo parlare il protagonista in prima persona , rare volte riesce a compenetrarsi nei suoi stati d’animo che risultano così narrati in modo discorsivo . Anche i personaggi sono troppo spesso statici, ingabbiati in un ruolo ben delineato e lo stesso protagonista , pur cercando nel successo scientifico un riscatto per sé e la famiglia , appare a tratti egoista e poco legato alla coscienza del popolo palestinese.
Quel che per me sono gli elementi migliori del libro sono la speranza che , al di là dell’odio possa esserci l’amore ,la cooperazione, la convivenza civile , tutti valori condivisi da ebrei illuminati tra cui grandi scrittori come Grosmann e palestinesi moderati.