Libro in cui l’autrice racconta la sua personale esperienza nel doversi confrontare con la patologia del figlio, malato di sclerosi multipla. La testimonianza inizia con l’affermazione che nella sua famiglia tutti avevano la consapevolezza che si è tutti normali ma “ diversi”, ciascuno con la propria peculiarità. Partendo da questa constatazione che evidenzia l’apertura verso gli altri, inizia il viaggio dell’autrice e del figlio attraverso l’Italia per godere della bellezza del patrimonio artistico ma anche per denunciare il perdurare di barriere architettoniche , i disservizi esistenti sui mezzi pubblici, i marciapiedi occupati dalle macchine che impediscono a chi ha coscienza di non poter volare di svolgere una vita quasi “ normale”. Il racconto di questa dolorosa esperienza come persona e soprattutto come madre rimane , tuttavia, confinato in un ambito prettamente descrittivo; al di là dell’umana comprensione nei confronti di chi ancora oggi è costretto a subire non solo la malattia ,ma la violenza degli umani che escludono dalla società i “ diversi” , il libro manca totalmente di spessore anche a causa di una scrittura piatta. Mi sarei aspettata una marcata introspezione psicologica, una analisi serrata del rapporto con la malattia ,al contrario vi ho trovato solo tanti luoghi comuni.