Libro particolare, insolito che ha come protagonista un gatto , un randagio che, salvato, viene ospitato ma non particolarmente amato dalla famiglia di un professore giapponese tant’è che non gli viene attribuito neanche un nome. E’ un gatto speciale, un filosofo, che con flemmaticità osserva e descrive minuziosamente la vita, i dialoghi quotidiani, le piccolezze dei familiari e degli amici del professore .In realtà il romanzo è incentrato sulla contrapposizione tra tradizione e modernità, tra passato e presente, ed analizza con pungente ironia i disastri compiuti dal cosiddetto “ progresso”, dalla voglia di adeguarsi alle mode occidentali ( esilaranti le considerazioni sull’abbigliamento) e graffianti le riflessioni del gatto- filosofo-autore sulla scarsa considerazione che la società ha dei docenti; ogni aspetto della vita quotidiana è da lui colto ed analizzato. In un Giappone in piena evoluzione altri dis-valori predominano sulle antiche tradizioni incentrate sul rispetto degli avi, degli insegnanti ( sbeffeggiati e ridicolarizzati così come la vera cultura) e su autentici rapporti familiari. L’occhio acuto del gatto –filosofo coglie ogni più piccolo aspetto del reale e descrive ciò che avviene attorno a lui senza risparmiare niente e nessuno: gli aberranti dialoghi tra marito e moglie, il pensiero dell’amico esteta, le ricerche farneticanti dell’alunno diligente. Tutte queste descrizioni appesantiscono il libro che potrebbe risultare noioso ma alla lunga ciò che risulta vincente è proprio l’amara ironia con cui l’osservatore attento e distaccato che nome non ha se non “ gatto” ci racconta ogni cosa. Libro , come dicevo inusuale, che può piacere come può annoiare , sicuramente diverso ed interessante per lo spaccato che veicola di un Giappone lanciato nell’affannosa rincorsa dell’Occidente.