Amata, da cui prende il titolo il romanzo è il nome di una bimba il cui destino atroce sembra contraddire il suo nome. E’ figlia di una schiava negra : Sethe che anela alla libertà e che per ottenerla si sottopone a prove al di là dell’umano. E’ la storia dei neri d’America, ridotti in schiavitù, sfruttati, torturati, marchiati, privati di affetti, patria, nome e libertà. Sethe non si rassegna al destino che la sorte le ha riservato e fugge anche perché, dopo essere stata di proprietà di un padrone “ illuminato”, il nuovo che gli subentra è un vero e proprio negriero. Ma Sethe vuole cambiare quel destino scritto ,fugge, vuole altro per sé e i suoi figli, scopre così, dopo essere giunta al 124 di Bluestone che la schiavitù l’aveva privata persino della consapevolezza di sé, delle sue mani, del suo respiro, del suo cuore. Finalmente libera, ora mani, cuore , respiro le appartengono . Ma sarà davvero così? Il romanzo in nuce avrebbe potuto essere una bella testimonianza sulla condizione degli schiavi neri in America, ma oltre un avvio confuso, disorientante, lascia , a mio avviso, troppo sullo sfondo la tragedia da loro vissuta che meriterebbe , al contrario, maggior risalto. La narrazione , infatti, si avvita in una destrutturazione temporale; cambi rapidissimi dell’io narrante, presenze oscure inizialmente incomprensibili ma sempre ostiche , non detti, situazioni insolute appannano e compromettono la nettezza della storia sovrapponendo amore materno, amore filiale, rancore, vendetta, invidia , gelosia, coraggio , pavidità e morte con il risultato di un insieme che sembra frutto quasi di un delirio .