“Sono Juan Pablo Castel, il pittore che uccise Maria Iribarne”. Così inizia il breve ma tormentato monologo all’interno di una mente malata, ossessionata, intrappolata nel tunnel di un “io” narcisista, egoista, incapace di comunicare e di amare. Castel è un pittore affermato, ma insoddisfatto, pensa che il suo pubblico non comprenda davvero la sua pittura e quando un giorno vede una giovane donna fissare intensamente il particolare di un suo quadro (una finestrella sul mare che rappresenta metaforicamente la vita, il mondo esterno) decide che quella donna deve essere sua, deve amarla e deve farla sua poichè l’unica capace di comprenderlo davvero. Comincia così la sua ossessione per la donna che dice di amare ma di cui, in effetti, non si cura; non ha voglia di capire com’è fatta, cosa desidera effettivamente; Maria diventa la proiezione del suo alter ego, deve assoggettarsi a tutte le sue esigenze , deve seguire le contorte elucubrazioni della sua mente malata , assuefarsi ad essere colore duttile nelle sue mani . Con una lucidità ed un distacco inquietanti, Sabato racconta il percorso avvitato compiuto all’interno del tunnel, tra disperazione e rassegnazione, speranza di trovare la chiave per comunicare la sua arte e la visione distorta della realtà che si fa arte. Ciò che colpisce in questo libro sono la freddezza, il distacco dell’autore dalla vicenda, il suo autoassolversi quasi che l ‘eliminazione dell’oggetto d’amore sia l’ineludibile e giusta conclusione. La lucidità mentale, tipica della follia, è resa da una scrittura incisiva in cui ogni parola è pensata “scavata nell’anima” ,precisa, affilata come la lama di un coltello , quello stesso coltello che porrà fine alla vita di Maria colpevole di non aver rinnegato il mondo così come pretende chi la “ ama!!”. Libro attuale per la tematica affrontata, molto ben scritto, meritevole di essere letto.