Altro capolavoro potente, geniale, intenso di Yehoshua. Racconta o meglio ricostruisce la storia della famiglia Mani, ma ed ecco la genialità,;lo fa procedendo a ritroso nel tempo, partendo dalla storia dell’ultimo Mani ( 1948 ) fino ad arrivare alla storia del patriarca della famiglia , commerciante di spezie e nato nel 1799 e ricorrendo ad una difficilissima quanto affinata tecnica narrativa. Cinque dialoghi, preceduti da un prologo e da un epilogo scritti in modo da fornire oggettivamente notizie biografiche ma che in realtà più che dialoghi sono monologhi poiché la voce parlante interloquisce con un personaggio solo materialmente silenzioso. Dalle battute dell’io narrante infatti ,si comprendono benissimo le risposte e le domande poste a chi effettivamente racconta e quindi è come se l’autore oltre alla parte scritta effettivamente ne avesse scritta un’altra non evidente delegando, anzi, il lettore a farlo mentalmente; in più chi parla non è mai il diretto protagonista ,ma una persona a lui vicina che ha conosciuto il Mani di turno di cui ricostruisce la vita cercando di trovarne una spiegazione alle scelte e ai comportamenti assunti. Romanzo ,quindi, complicato e fortemente simbolico che non vuole essere solo la storia di una famiglia bensì la storia del popolo ebraico e di cosa è stato ed è l’ebraismo.
Attraverso lo scambio di battute assistiamo infatti al nascere del sogno sionista di “ costruire un focolare ebraico” infrantosi, però , sullo specchio della Storia e, a fronte di una realtà crudele che è l’antisemitismo culminato nella Schoà, il prendere via via , da parte degli Ebrei, consapevolezza della maledizione che da sempre li ha perseguitati e marchiati : essere Deicidi. Questa macchia indelebile spiega alla fine il perché il primo sig. Mani presentato ( che poi è l’ultimo temporalmente ) sia animato da impulsi suicidi quasi espiatori per il peccato commesso che si ritrovavano, via via che la narrazione procede a ritroso, anche negli altri componenti la famiglia. Anche in questo libro c’è l’esortazione o meglio il desiderio di poter attuare alla fine una pacifica convivenza su quella terra tormentata patria e di arabi come di ebrei, anche se ciò rimane , come in tutti i libri dell’autore, solo un desiderio vagheggiato , inattuabile in una realtà novecentesca contrassegnata da atti terroristici e da odio reciproco. E sullo sfondo delle storie , luoghi affascinanti descritti mirabilmente nelle loro atmosfere e significati storici : Istanbul, Creta , Cracovia e una magnifica Gerusalemme , calda madre e affascinante culla di popoli e religioni che abbraccia ed accoglie tutti ma al contempo matrigna feroce poiché paradossalmente simbolo dell’impossibilità di trovare una pace condivisa ed accettata da tutti. Un romanzo che merita grande attenzione nella lettura che inizialmente disorienta, sulle cui pagine è necessario tornare ma che alla fine si ricompone meravigliosamente bene in un unicum che può essere frutto solo di un grande ed autentico Autore .