Ancora una volta McEwan affronta un tema difficilissimo e quanto mai attuale. Può lo Stato intervenire e disporre un intervento medico là dove le convinzioni , in questo caso, religiose lo impediscono? Può lo Stato legiferare in un ambito strettamente personale, morale , può limitare la libertà di scelta del singolo individuo di decidere della propria vita? Fiona Maye è un giudice , ha sessantanni e sulle spalle un matrimonio in crisi. E’ chiamata a decidere se autorizzare una trasfusione salvavita su un ragazzo che , in virtù del suo credo religioso ( è figlio di Testimoni di Geova) si rifiuta di farla. La decisione di Fiona sarà presa per salvaguardare il giovane che , a suo avviso, ha tutto il diritto di godere di ciò che la vita potrebbe dargli, musica, passione, amore. Ma se, quanto stabilito solleverà i genitori dal pesante fardello di decidere contravvenendo alle loro regole religiose , travolgerà Adam che abbandonerà la fede in più proprio tale decisione finirà con il travolgere anche Fiona che si ritroverà a fare i conti con la sua coscienza per non aver saputo ( forse) aiutare il ragazzo proprio nel momento in cui chiedeva aiuto. Il tema è scottante ,ma al contrario di quanto avviene negli altri suoi romanzi McEwan ne “ la Ballata di Adam Henry”lo sviluppa senza empatia mantenendosi freddo e distaccato ( forse per non prendere posizione date le implicazioni morali, filosofiche religiose che esso solleva?) I suoi stessi personaggi e la sua scrittura ne risentono, Fiona è algida , non entra nel merito, non si interroga , resta distante da tutto e la scrittura dell’autore pur se sempre affilata e raffinata è , però, priva di quel palpito che la drammaticità della situazione imporrebbe.