C’è bisogno di libri come questo perché la storia dell’Italia “ potenza” coloniale” è molto poco nota. Se si facesse un’indagine sono certa che pochi dimostrerebbero di essere a conoscenza della crudeltà dimostrata dai conquistatori nei confronti della popolazione somala , libica, etiope ed eritrea perché l’immagine che nel nostro paese passa è che “ noi siamo buoni, tutti sole e mandolino, incapaci di stuprare, uccidere , soffocare i popoli del Corno d’Africa. Eppure così è stato. Igiaba Sceba, somala di nascita ed italiana di adozione in questo racconto ci fa comprendere come , invece la storia dell’Italia e dell’Africa occidentale siano profondamente intrecciate e lo fa raccontando la sua storia personale, il suo arrivo a Roma, le difficoltà di integrazione incontrate, il bisogno di fissare i ricordi sempre più evanescenti dell’altra patria su una mappa di Mogadiscio su cui finiscono anche con il sovrapporsi luoghi romani, il suo sentirsi divisa tra l’una e l’altra salvo poi comprendere che si può anche essere italiani senza per questo rinnegare l’altra terra lontana. Una testimonianza diretta con cui la Sceba mette a nudo con semplicità, senza alcuna acrimonia temi assolutamente attuali e complessi quali l’emarginazione che vivono gli immigrati e le difficoltà nel portare avanti il processo di integrazione con un nuovo popolo distante dal suo che finisce con il diventare suo non solo sulla carta ma soprattutto nel cuore.