Complesso ed impegnativo per un intreccio narrativo “sui generis” ( tre storie infatti scorrono parallele apparentemente senza alcun nesso tra loro) il romanzo è narrato da Iris, novella Penelope , che, giunta alla fine del suo percorso di vita, decide di rivelare ciò che è stata la sua vita e quella dell’amata sorella Laura. Lo fa senza risparmiarsi dolorosi ricordi consapevole della necessità di far finalmente giustizia. Attraverso la sua voce narrante riemerge così non solo la storia della famiglia Chase ben contestualizzata nella Storia del 900, affiorano inganni e finzioni, verità e sete di giustizia , solitudini e rancori. Alla sua narrazione si alterna la vicenda narrata nel libro scandaloso scritto da Laura “ L’assassino cieco” che narra dell’amore tra un assassino cieco e una giovane vergine a cui è stata tagliata la lingua e destinata ad essere immolata agli Dei. In questa storia di amore e fuga si incastona il racconto del protagonista maschile, un rivoluzionario in fuga, che inventa per la sua amante una storia di fantascienza ambientata nell’iperuranico pianeta Zycro. Praticamente tre storie che finiscono ,grazie ad un’abile tessitura ,con il generarne una ed una sola. Quel che colpisce, superato l’iniziale disorientamento dovuto all’alternarsi dei piani narrativi, oltre all’indubbia perizia dell’Autrice nel gestire più fili narrativi è la sua straordinaria capacità di narrare senza scrivere, non c’è bisogno di parole per far comprendere al lettore ciò che accade, affascina l’essenzialità di una prosa curata che contrasta con la minuzia delle descrizioni. Ciò che però, a mio avviso, grava sul libro è l’eccessiva lunghezza e soprattutto la mancanza di pathos che , bandito ne “Il racconto dell’ancella” lo accendeva , al contrario, di partecipazione emotiva.