Davvero “importante” il romanzo di quest’autore che ho imparato ad amare grazie alla lettura di “ Scrittura cuneiforme” e “ La casa nella moschea”. Ispirato alla vita di un poeta iraniano morto martire, il libro è un incastrarsi di tante storie nella storia di Sultan ,cineasta ,che attraverso la lente prima di un cannocchiale poi di una macchina fotografica ed infine di una cinepresa osserva, fotografa e documenta in modo il più possibile oggettivo quanto gli accade intorno. Mille e una storia quindi; la storia di tanti personaggi, la storia di un paese che tenta di riscattarsi da un passato di povertà e miseria, la storia di un mondo che cambia, la storia personale . Tutto si interseca e “i sentieri su cui la vita ha portato di volta in volta” il protagonista finiscono con il convergere in un unico sentiero della vita percorso dall’autore alla ricerca di sé. E con Sultan cammina il lettore che percorre i luoghi assolati e aridi di Arak, gira per i bazar brulicanti di folla la cui aria è intrisa degli odori delle spezie, sgomita nelle piazze in tumulto di Teheran, si intrufola nelle vite degli uomini e delle donne i cui sentieri incrociano quello di Sultan, E si va….insieme … con un’accorata malinconia nel cuore e negli occhi, con la consapevolezza che il tempo è andato ,ma con la certezza che con le babbucce gialle ai piedi si può e si deve andare avanti.
Un affresco completo dell’Iran ,del costume e dell’arte anche perché nel romanzo non mancano affermazioni quali: “La letteratura è l’unica espressione artistica con cui si può raccontare una storia nella sua totalità”e a rafforzare tale considerazione è evidente, nell’intrecciarsi dei fili narrativi ,la chiara ispirazione alle “ Mille ed una notte” come anche gli espliciti omaggi alla letteratura persiana ( vedi il tributo al “Il verbo degli uccelli” capolavoro di un poeta mistico del 1100) e alla letteratura olandese ( l’Olanda è il paese che ha offerto asilo all’autore) . Un buon libro , scritto molto bene che affascina per il tono sommesso quasi sussurrato con cui l’autore narra e che arricchisce la conoscenza del dramma vissuto da tanti iraniani morti, torturati, oppressi in patria o fuggiti in esilio e vissuti con l’ardente desiderio di non recidere le radici più profonde con la propria terra.