Ada: Una donna, una madre cui la vita riserva la peggiore condanna che possa esserci.. assistere impotente la figlia nata con una irreversibile lesione cerebrale non diagnosticata ( per superficialità e incompetenza ) durante l’ecografia quando la donna avrebbe potuto ancora, seppur dolorosamente, scegliere se tenerla o abortire. Comincia così il calvario di Ada e Daria fatto di visite, ospedalizzazioni, farmaci , lotte e , come se non bastasse, l’autrice che è anche la protagonista del libro si ammala di cancro e ne muore, ma come scrive la D’amato “se posso assistere al dolore della mia carne posso sopportare tutto.
Come si descrive un dolore così grande? Quali parole sono necessarie per far comprendere cosa prova chi vive nel quotidiano tale crocifissione’? Ed esistono? L’autrice lo fa con una prosa lucida ,affilata scavando nel suo animo e nel nostro mostrandosi in tutta la sua fragilità umana, mettendosi interamente a nudo senza ipocrisia . “Avere un figlio invalido significa essere soli, irrimediabilmente, definitivamente soli .E’ come se dentro di te si fosse accomodato il punteruolo delle palme che rosicchia la pianta dall’interno piano piano, la trasforma in un involucro pieno di segatura. La superficie resta uguale, ma sotto i bordi, sotto la pelle, non resta più niente.” E così ci si vergogna anche di un sorriso fiorito inspiegabilmente sulle labbra perché chi vive la condizione di Ada non ha più diritto a nulla, non è più una persona ma “solo un ruolo, una funzione di te”
Tuttavia chi si aspetta un libro sul dolore o sulla rabbia resterà deluso perché nella sua crudezza realistica è un libro d’amore di un amore totale e totalizzante che giorno dopo giorno innesca un processo di “ impersonificazione “tra madre e figlia e che alla fine fa scrivere ad Ada … “Finirò con il disciogliermi in te? Sono Ada .. sarò D’aria!”