Un libro a dir poco bizzarro che ha come protagonista Astolfo Malinverno custode di libri e guardiano di cimitero, officiante di matrimoni tra vivi e morti il cui nome , come quello della maggior parte degli abitanti del paese, riecheggia eroi e protagonisti di grandi opere letterarie del passato. Eh sì perché a Timpamara ( fantasioso paese calabrese) la fabbrica più importante è una cartiera con annesso maceratoio sicché spesso il vento semina carte che raccolte e lette dai paesani innescano fantasie, nomi e desideri . E’ una storia assolutamente improbabile , una tenera fiaba come tenero e dolce è colui che la racconta ,una storia tesa ad esaltare il potere immaginifico dei libri e la loro capacità di , come sosteneva Voltaire, di salvare il mondo, una storia intessuta di riferimenti letterari che gioca continuamente sull’ossimoro morte/ vita, bianco/ nero ( ripreso nella copertina) passato/ presente in cui ciò che è imperfetto nella realtà può diventare perfetto grazie al sogno e in cui l’anima degli uomini morti sopravvive nel momento in cui diventa storia letta trascolorando così la morte. Forse talvolta è un po’ ripetitivo e prolisso, forse talvolta la scrittura è forzatamente artificiosa ed arzigogolata “ antica” ma non per questo meno attrattiva; quel che è certo è che Dara dimostra in questo libro di saper maneggiare alla grande la lingua come pochi sanno fare regalandoci una storia che ci fa sognare a non aver paura.