Sinceramente sono rimasta delusa dalla lettura dell’ultimo libro della Allende. Nel libro, infatti, è come se l’Autrice avesse mescolato le trame di diverse storie senza però decidersi a quale dare maggior risalto o quale avrebbe dovuto essere il motore o il senso da dare al libro in cui passato e presente si intrecciano attraversando tutto il Novecento. All’inizio leggiamo di Samuel ,un bambino ebreo che dopo la Notte dei cristalli nel 38 per scampare allo sterminio viene mandato dalla madre in Inghilterra ,poi si vira sulla storia di Letitia, ( metà 900) bambina salvadoregna rifugiatasi in America per sfuggire alla morte, infine su quella di Alicia ( 2019), bambina cieca anche lei proveniente dal Salvador fuggita con la madre in America ,ma fermata al confine messicano. L’Autrice si serve delle storie dei suoi personaggi per trattare temi affrontati però in modo frettoloso e superficiale. Immigrazione clandestina, campi profughi, fosse comuni, massacri, manifestazioni di protesta che rimandano all’attività delle donne di Plaza de Majo, realismo magico tutto si sussegue in un turbinio indeciso privo di quella forza narrativa che aveva caratterizzato tanti suoi capolavori e che il lettore affezionato poi pretende. Ed allo stesso modo anche il linguaggio che ,se nella prima parte intriga e assume quello spessore consono alla trattazione della vicenda del bimbo ebreo, nella seconda parte , quella ambientata in America via via perde di vigore risultando banale