Libro duro, doloroso ,difficile da digerire ,ma autentico , particolarissimo in cui l'autore affronta un tema antico : il dolore per la perdita di un figlio; come sopravvivere ad una perdita così mostruosa per la quale nessuna lingua trova parole atte a descrivere e tanto più a raccontare? Arramburo parte da un fatto realmente accaduto nei paesi baschi intorno agli anni 80. La distruzione di una scuola, a seguito di una fuga di gas, che aveva causato la morte di 50 bambini. La tragedia che investì un'intera comunità ed un intera nazione viene ripercorsa analizzando le reazioni che i vari attori coinvolti ebbero a seguito della disgrazia. In particolare attraverso i comportamenti di una piccola famiglia composta da padre, madre e nonno, Arramburo dilata il suo punto di osservazione nel tentativo quasi di costruire un vademecum per una circostanza di tal portata. Proprio perchè trattasi di una condizione dell'animo umano talmente dolorosa da trascendere l'umano il pericolo maggiore per lo scrittore è che si corra il rischio di non rispettare la "VERITA"storica, l'oggettività che, al contrario, l'autore deve perseguire ad ogni costo perchè il rischio di scivolare nel retorico, nel pietismo melenso o peggio nell'ovvio è sempre in agguato. Ossessionato da questo problema , l'Autore introduce nella narrazione dei piccoli paragrafi evidenziati con il corsivo che potrebbero interferire con la lettura tutta di un fiato del romanzo ,ma che servono a chiarire al lettore le riflessioni che chi scrive fa su un tema affrontato da tanti letterati ( Manzoni docet ! ) su verità e verosimile , su oggettività e realtà romanzata. Queste intrusioni dettate in prima persona da chi scrive , a mio avviso ,alleggeriscono invece un po' il dolore che prova anche chi legge malgrado o anzi proprio per l' "asetticità"con cui chi scrive riporta le parole della madre.
Indubbiamente, però, la figura che campeggia e domina nel libro è quella del nonno che non accetta la morte del nipotino e si rifugia in un "non mondo" dove può continuare a camminare dando la mano ad un bimbo che per lui era proiezione per l'"infuturarsi". Un linguaggio scarno, quasi rappreso che ben riproduce anche la durezza dei luoghi e dei sentimenti ,è il giusto mezzo per raccontare.